La prima volta che mi versarono un vino da vitigno a bacca bianca macerato sulle proprie bucce esclamai: "cosa?". Poi lo guardai, lo portai al naso, lo bevvi e dissi: "non ci credo!". Ero sconvolto, disorientato ed estasiato al tempo stesso. Da quel giorno è stato un crescere di interesse e di assaggi. Alcuni, hanno avuto letteralmente il potere di abbattere e ricostruire quella che era la degustazione come la conoscevo, con colori, strutture, ampiezze olfattive e verticalità davvero all'apice della scala. Ma di una scala riscritta appunto. Altri, hanno beva grandiosamente semplice, snella e nostalgica, riportando alla memoria assaggi ormai lontani. Mi intrigano, insomma!
Le caratteristiche comuni - limitandomi ai vini fermi - a questa tipologia,* generalmente sono: i forti colori tendenti all'ambra e l'importante struttura, entrambi crescenti, all'aumentare dei giorni di contatto del mosto con le bucce. Pungenza e freschezza da elevata acidità volatile voluta, che oltre a veicolare i profumi, aiuta a preservare il vino, in affiancamento ai solfiti, che spesso sono a livelli fortunatamente bassi. Ventagli olfattivi che in alcuni casi sembrano interminabili. Al gusto poi, hanno sapidità e acidità elevata, tannino riconoscibile - che con la sola vinificazione in bianco non avrebbero - strutture importanti da un lato, grande bevibilità dall'altro. Fin qui, tutto bene no?
No, non del tutto almeno. Questa tipologia di vino, proviene nella maggioranza dei casi da viticoltura e vinificazioni naturali. Sì, quei produttori che non aggiungono nulla - così dicono - né intervengono in nessun modo, che ascoltano ed assecondano prima la vigna, poi il mosto/vino. Quelli che amo e che in questi anni mi hanno saputo regalare emozioni. Tuttavia queste macerazioni, queste eccessive acidità volatili, in alcuni casi, soffocano e appiattiscono vitigno e territorio, rendendo, magari anche grandiosa la bevuta, ma purtroppo anonima. Poi ci sono le puzzette - non sempre intendiamoci - gli squilibri, in alcuni casi addirittura, riannusando il bicchiere vuoto, resta solo il ricordo dell'aceto. No, questo, oltre certi livelli, non lo tollero più.
Probabilmente alcuni produttori devono ancora aggiustare il tiro. Forse, non dovrebbero arrivare a vinificazioni estreme o a prove di "forza". Oppure, forse siamo noi, che dopo anni di bevute enologicamente modificate abbiamo perso di vista il reale sapore del vino e dobbiamo azzerare il gusto per ripartire da capo.
Insomma, necessito di un approfondimento, voglio sapere di più. Da qui l'idea della degustazione - tutta da costruire - con esperti ed appassionati: almeno tre bottiglie dello stesso vitigno, almeno quattro o sei vitigni, due macerati uno no. Tutto alla cieca. Lo scopo, oltre a valutare la pulizia e la precisione stilistica è appunto quello di riconoscere il vitigno, o per lo meno identificarne i fratelli e, se siamo fortunati, ritrovarci un territorio.
Magari si mette un hashtag davanti e si crea #macerati1.
Dieci anni fa, ricordo, amavo i vini barricati. Poi, quando mi accorsi che dalla Sicilia al Friuli, la bevuta era pesante ed omologata, smisi in tronco di comprarli. Spero di non dover ripetere l'errore!
* Non si può semplicemente definire come "metodo di vinificazione" quella dei vini bianchi macerati sulle bucce. Bensì, siamo davanti ad una